Un progetto di Sabina de Tommasi per il Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma

Il progetto si è sviluppato da febbraio a maggio 2010.
Questo blog è stato creato per riportare le varie tappe dei laboratori;
elencare le bibliografie costruite insieme ai partecipanti; mostrare foto e video;
dare modo di ascoltare la lettura dei brani scelti.

Dal 25 luglio al 12 agosto 2010 ha accolto alcune riflessioni e provocazioni sul tema dei teatri di cintura e in generale sul lavoro teatrale e culturale decentrato.
Ora vuole segnalare curiosità, percorsi di lettura, suggestioni, appuntamenti, tracce originali dei nostri viaggi. Mandate i vostri suggerimenti a tracciatidiviaggi@gmail.com

La serata di lettura condivisa di quest'anno al Teatro Biblioteca Quarticciolo si è tenuta il 21 aprile 2011. Titolo STORIE MINIME.



domenica 25 luglio 2010

Teatri che aprono, teatri che chiudono... Tutti quelli che ci lavorano dentro e accanto....... e poi penso alla Nunzi...

Leggo della prossima apertura di due nuovi teatri di cintura nella capitale. Già iniziano le polemiche. Immediamente rilanciate dai giornali.
Penso a tutti quelli che nei teatri ci lavorano. Quotidianamente e sommessamente. A quelli che li tengono aperti, malgrado tutto. A quelli che li progettano; ma anche a quelli che li tengono puliti e accoglienti; a quelli che li programmano e si fanno venire belle idee; a quelli che ascoltano il pubblico; insomma a quelli che li amano e se ne prendono cura.
Un teatro - ogni teatro - ma in particolare quelli di periferia, per prima cosa crea aspettative, solletica la curiosità, rimette in pista la voglia di uscire di casa, stare con gli altri, a parlare, a ragionare (una cosa già di per sé grandiosa e rivoluzionaria!!)
Se un teatro si apre, poi non si può chiudere, o lasciar morire lentamente nell'incuria e nel disinteresse.

Per tutto il pubblico che in questi anni è uscito di casa per andare nei teatri di cintura, per ascoltare storie, per condividere emozioni... beh! spero che i teatri di cintura diventino 10 e 20, ma tutti APERTI, FUNZIONANTI, ACCOGLIENTI. Luoghi aperti a tutti, da CONDIVIDERE con tutti.

Mentre scrivo mi viene in mente la Nunzi, il suo ardore e rigore. Il suo darsi senza riserve. E' stato un grande privilegio per me lavorare con lei.
E penso che di teatro qualche volta ci si ammala, e qualche volta si muore. E' successo, succede, succederà. Le preoccupazioni, le incazzature, i trabocchetti, le speranze rincagnate in un angolo qualche volta sono troppo dure da sopportare.
Nella sua biografia e nel suo modo di lavorare c'è tanto di quello che ci aspettiamo dal teatro.

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Per chi non avesse conosciuto la Nunzi, o per chi avesse voglia di ricordarla, copio qui sotto le parole che su di lei ha scritto Gianfranco Capitta su Il Manifesto del 16 giugno 1998:
La Nunzi se n’è andata. Il suo nome era Maria Annunziata Gioseffi, ma tutti, a cominciare da lei stessa, usavano chiamarla la Nunzi. A 52 anni, è stata consumata da una malattia terribile che in poco più di un anno l’ha stroncata, anche se lei aveva reagito al male con durezza assoluta, lavorando in modo accanito fino a poche settimane fa.
Al pubblico questo nome non dirà forse molto, ma la Nunzi è una figura non secondaria del teatro italiano; in particolare negli ultimi quindici anni, in cui era assistente di Luca Ronconi. Per lavorare con lui, per la sua idea di teatro, aveva lasciato la sua Firenze, le sue amicizie, i suoi rapporti, e trascurato perfino la sua bellezza altera. L’aveva seguito prima a Torino e poi a Roma, del cui teatro pubblico aveva assunto infatti tutte le deleghe tecniche e organizzative.
Aveva un polso d’acciao la Nunzi, ma sapeva essere, quando voleva, anche dolcissima e spiritosa. Era capace di interessarsi ad aspetti quasi ininfluenti, anche se per la sua attività era abituata a lavorare ai massimi livelli, con istituzioni teatrali e operistiche di mezza Europa. Lei non aveva mai perso la concretezza e lo spirito mordace dei quartieri fiorentini, dove lei, nata a Modena praticamente per caso, era cresciuta. E in quella città, se non avesse avuto il tarlo del teatro, avrebbe fatto sicuramente carriera in società.
Aveva lavorato al Teatro regionale toscano quando questo ancora era un ente di rilevanza internazionale, e poi proprio per suo conto aveva seguito e curato (una impresa per nulla facile) l’esperienza fiorentina di Tadeusz Kantor. L’incontro con Ronconi sulla scena di uno Schnitzler realizzato a Prato, avrebbe cambiato definitivamente la sua vita. Una mutazione totale e totalitaria, in nome e alla luce di un progetto che, amava ripetere, la affrancava dalla mediocrità di molta parte del teatro pubblico in Italia (meglio di quanti direttori attuali avrebbe potuto dirigerne!!). Anche se poi non si tirava indietro, deponendo momentaneamente puntiglio e testardaggine, davanti alle inevitabili e necessarie mediazioni. E le miserie dell’evoluzione del PCI erano un altro suo irrestistibile racconto.
Grande manager e dotata di un gusto sicuro, un naso che non sbagliava quasi mai, era la Nunzi a rendere possibile il lavoro di Ronconi, creandogli e difendendogli in questi ultimi anni la serenità necessaria per creare. Lo schermava dalla burocrazia e dalla politica, dai postulanti e dall’invadenza. Perché in quelle creazioni si riconosceva e viveva anche lei, in prima persona. Mancherà a molte persone la Nunzi, burbera e spiritosa, modesta e discreta, ma esigentissima e rigorosa con sé come con gli altri.

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l'ultima lacrima per Maddalena Fallucchi. il Teatro Tor Bella Monaca e tutto il suo pubblico hanno una marcia in più grazie al suo impegno e al suo entusiasmo. non dimentichiamolo!

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il commento di Valeria Orani...

grazie per averci ricordato la Nunzi, e grazie per la tua nota. In questo periodo non bello per la cultura e per il teatro in particolar modo, fa bene ricordare che non siamo soli nelle nostre lotte. Sono sempre più convinta che la nostra professionalità è legata alla passione per questo lavoro, e che tale passione passa per la gioia di creare l'agio per gli artisti che lavorano con noi e per il pubblico che fruisce il loro lavoro. noi siamo quelli che operano oltre il "dietro le quinte" siamo quelli che hanno scelto di essere invisibili e che riscuotono il loro successo quando non si sente la loro mancanza.